I CORPI DECAPITATI DI CLEVELAND

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Blood and Gold
view post Posted on 26/10/2008, 22:07




I CORPI DECAPITATI DI CLEVELAND
L'equivalente americano della lunga e macabra serie di assassini compiuti dal serial killer inglese a tutti noto come Jack lo squartatore, può considerarsi il caso dei corpi decapitati di Cleveland, anche se sotto alcuni aspetti questi delitti hanno persino qualcosa di ancor più terrificante che non quelli dell'epoca vittoriana. In un tiepido pomeriggio settembrino del 1935 due ragazzi usciti dalla scuola, sulla via del rientro a casa, stanno lentamente percorrendo una polverosa stradina nel cuore della città di Cleveland. Giunti ad una discesa erbosa si sfidano a chi arriva prima in fondo a quei venti metri di divertente e libera galoppata in discesa. Vince Wagner, un sedicenne, che alla fine della corsa si blocca come incuriosito: gli pare di aver scorto, poco distante fra i cespugli, una macchia bianca. I due amici si avvicinano e scoprono il corpo nudo di un uomo a cui è stata staccata la testa.
La polizia subito sopraggiunta trova il cadavere di un bianco di giovane età, con addosso soltanto un paio di calzini corti. È privo di testa e anche i genitali gli sono stati strappati. Giace sulla schiena, le gambe distese e le braccia allineate al busto, quasi fosse stato preparato per il funerale. A meno di dieci metri ecco saltar fuori un altro cadavere. Questa volta l'uomo è anziano, ma giace nella stessa postura. Pure lui ha subito il terribile supplizio del killer: è privo di testa e non ha i genitali. Alcune ciocche di capelli rinvenute nei pressi portano alla scoperta dei resti di una testa seppellita nella terra. La seconda non tarda a venir fuori, da una buca scavata poco distante. Anche i genitali vengono ritrovati nei dintorni, come fossero stati scagliati via alla rinfusa. Una curiosità salta immediatamente all'occhio: non ci sono tracce di sangue ne in terra né sui corpi straziati, che sono tutti e due perfettamente lindi. Sembra che i poveretti siano stati uccisi altrove e poi scaricati in quel pendio, dopo aver aspettato che smettessero di sanguinare e averli ripuliti con una certa cura. Gli esami di laboratorio evidenziano altre singolarità ancora. Il corpo del vecchio era in fase di avanzata decomposizione e la pelle appariva come scolorita. I patologi scoprono che tutto questo è dovuto a una sostanza chimica forse usata dal killer per cercare di conservare il cadavere. Il più giovane è stato ucciso tre giorni prima. Dalle impronte digitali la scientifica risale al nome della vittima. Si tratta di un ventottenne Edward A., non nuovo alla polizia per essere solito viaggiare armato e che vantava la reputazione di leone incallito. Ma la cosa più singolare è scoprire che era morto a causa della decapitazione, i profondi segni che gli solcano i polsi indicano che, pur essendo legato, aveva lottato con furore e accanimento; ma non era bastato, perchè il killer lo aveva decapitato con un coltello. L'abilità e la chirurgica perfezione con cui l'operazione era stata condotta, fanno subito pensare a un esperto macellaio, per esempio. Identificare l'uomo più anziano risulta impresa impossibile. Tuttavia avendo identificato Edward A. fa ben sperare per potere risalire all'assassino. Il giovane aveva trascorso l'intera notte a giocare d'azzardo e a bere, oltre ad avere provveduto a una delle sue più redditizie attività, quella di protettore. Ricerche più approfondite portano a scoprire che era anche omosessuale e aveva un amante, insomma, traccia dopo traccia, la polizia entra nell'ordine di idee di trovarsi di fronte a un caso risolvibile in tempi brevi. Viene fuori che il marito di una donna con la quale Edward A. aveva avuto una tresca, aveva giurato che l'avrebbe ucciso; ma, alla prova dei fatti, l'uomo riesce a discolparsi. Poi spuntano molti altri loschi personaggi che avevano mille e un motivo poi sbarazzarsi di Edward A. Ma non si arriva a niente di concreto e, col trascorrere del tempo, le investigazioni sfociano sempre in un vicolo cieco, anche quando il numero delle vittime salirà addirittura a dieci, tanto da far etichettare il caso dai mass media come quello del "macellaio pazzo di Kingsbury Run”'.
Quattro mesi dopo, in una fredda domenica di gennaio, il continuo, fastidioso abbaiare di un cane spinge una donna che abita a poca distanza da Kingsbury Run - ad andare finalmente a dare un'occhiata. Giunta sul posto trova il povero cane incatenato, tutto teso a cercare di raggiungere un cesto appoggiato al muro di una fabbrica. La donna immagina che dentro ci siano frattaglie, ma quando un vicino che passa da lì si accosta al cesto inorridisce, scoprendo che in realtà è pieno di pezzi di un cadavere umano. In un altro cesto c'è il torso nudo senza testa di una donna. La testa non si trova, così come il braccio destro e la parte terminale delle gambe. Un massacro orribile. Le impronte digitali permettono di risalire all'identità della vittima, una donna di 41 anni, certa, piccola, grassoccia, ben nota in tutti i bar della zona, per la sua attività di prostituzione.
Anche in questo caso, gli indizi e i sospetti sono addirittura ridondanti, eppure, alla fine, non conducono a niente di concreto. Due settimane dopo il braccio sinistro e le estremità delle gambe recise vengono rintracciate in un terreno abbandonato. In quanto alla testa non venne mai ritrovata.
L'assassinio suscita una sgradevole questione. Se i primi due delitti hanno orientato la polizia su indagini nel campo dei sadici omosessuali, questo corregge decisamente il tiro, inducendo a pensare soltanto più a un sadico. Egli uccideva uomini, donne e bambini in modo indiscriminato e non era omosessuale neppure alla lontana. Intanto, agli investigatori viene in mente che giusto un anno prima sulle rive del lago Eric era già stato trovato il torso nudo senza testa di una donna sconosciuta. A questo punto l'idea degli investigatori cambia: potrebbe trattarsi di uno psicopatico ossessionato dalla morbosità di sezionare corpi umani, con lo stesso gusto con cui un monellaccio si diverte a staccare le ali a una mosca. In città la paura cresce, tuttavia, malgrado i truci delitti, gli abitanti di Cleveland dalla loro hanno un asso da giocare. Da qualche tempo come responsabile della sicurezza pubblica c'è Eliot Ness, un commissario dal grande fiuto. Ness e la sua squadra di "intoccabili" avevano già fatto piazza pulita del racket del proibizionismo a Chicago, ora nel 1934 era la volta di Cleveland e delle sue bande di gangster. Con lui al comando delle operazioni l'opinione pubblica è tranquilla; da lì a poco sarà il misterioso cacciatore di teste di Kingsbury Run a doversi preoccupare di non essere cacciato. Ma a Ness non occorre molto per accorgersi che dare la caccia a un maniaco è cosa ben diversa che affrontare dei banditi professionisti. L'assassino colpisce a caso e, a meno che non sia così imprudente da lasciarsi dietro la firma di un'impronta digitale, l'unico modo per pizzicarlo sta nel coglierlo in flagrante. Ma Ness avverte anche un'altra, brutta sensazione: l'implacabile "macellaio" sembra rendersi ben conto che ogni sua azione gode del grande vantaggio di essere sempre impostata con largo anticipo rispetto alle mosse della polizia. Prima di colpire ancora aspetta l'estate. Poi, per rinfrescare la memoria agli inquirenti, fa in modo che trovino la testa mozzata di un uomo di giovane età avvolta in un paio di pantaloni abbandonati sotto un cavalcavia della solita Kingsbury Run. Anche questa volta sono due ragazzi a fare la macabra scoperta. È il 22 giugno del 1936. Il corpo viene ritrovato a qualche centinaio di metri di distanza e si capisce che il poveretto è stato ammazzato proprio lì. Di nuovo le analisi legali dimostrano che la morte è stata provocata dalla decapitazione, anche se non si riesce a comprendere come il killer sia riuscito a tener ferma la vittima mentre la stava trucidando. L'uomo, un giovane di 24 unni, ha il corpo tutto tatuato. Le sue impronte digitali non risultano registrale negli archivi della polizia. Passano tre settimane e un escursionista si imbatte, nel fondo di una forra, in un altro corpo decapitato, ma questa volta la lesta è a pochi passi. L'avanzato stato di decomposizione del corpo indica che questo assassinio era stato consumato ancora prima dell’ ultimo caso venuto alla luce. Sempre in quell'anno 1936, la successiva vittima del ''macellaio" è un uomo sulla trentina, trovato lungo la Kingsbury Run. Il corpo è stato segato in due ed evirato. Un cappello rinvenuto accanto consente di risalire almeno a una parziale identificazione: una casalinga, infatti, lo riconosce come appartenuto a un giovane barbone. Nelle vicinanze c'era un rifugio dove un popolo di sbandati si adattava a trascorrere la notte. Evidentemente, il killer aveva scelto la sua ultima vittima proprio in quel contesto. Le indagini si bloccano. Nel frattempo Cleveland si appresta a ospitare una reinvenzione repubblicana e, come se non bastasse, una grande Esposizione Internazionale. Il clima è caldo e la polizia stringe decisamente i tempi, pressata com'è dalle critiche della stampa. La storia del serial killer fa il giro del mondo e regimi autoritari come quello nazista tedesco e fascista italiano additano questo caso come il più clamoroso esempio di decadenza dei costumi, unico frutto della sfrenata democrazia. Poi, finalmente, la bagarre si quieta. Passa qualche mese senza novità e i più ladini di Cleveland incominciano a convincersi che la brutta storia del "macellaio" è finalmente chiusa. Ma è una mera illusione. Nel febbraio del I937 ancora sulle rive del lago Eric, viene ritrovato il corpo orrendamente smembrato di una giovane donna, che non sarà mai identificata. In seguito salti fuori un’altro cadavere - l'ottavo - che si riesce a identificare grazie alle protesi dentali. È quello di una signora, uccisa certamente l'anno prima, dal momento che non ne resta che lo scheletro. La vittima numero nove è un maschio, completamente massacrato. Quando le acque del fiume dove era stato gettato lo riconducono a riva solo la testa manca all'appello. E non verrà mai più ritrovata. Questa volta il killer è andato pesante con la deturpazione del corpo. La tecnica non può non richiamare alla mente quella di Jack lo squartatore. Identificare la persona è impossibile. Qualcuno dice di aver visto qualche giorno prima due uomini in gita sul fiume che avrebbero potuto essere l'assassino e la sua vittima, ma si tratta solo di illazioni senza seguito. Dopo questa ulteriore sfuriata, il maniaco sembra prendersi una tregua di nove mesi, quando un giorno dal fiume si ripesca la parte inferiore di una gamba. Le ricerche ripartono febbrili. Dopo tre settimane i sommozzatori tirano su dal fondo del fiume due valigie piene di membra umane. La polizia scientifica le identifica come appartenenti al corpo di una donna di non più di 25 anni. Anche questa giovane non sarà mai identificata. Ma il killer sta per colpire altre due volte. A circa un anno dall'ultima scoperta, nell'agosto del 1938 in una discarica sulla sponda del lago viene ritrovato il busto maciullato e senza testa di una donna. Ricerche nei pressi portano alla scoperta di un altro macabro fagotto. Dentro a una vecchia coperta vengono ritrovati i resti, assolutamente irriconoscibili, della dodicesima vittima. L'unica cosa che si riesce a scoprire è la provenienza della coperta, che era stata acquistata in una bottega di cianfrusaglie usate. Un elemento poteva dirsi certo: l'assassino sembrava selezionare le sue vittime in un mondo ben preciso, quello dei diseredati e dei vagabondi senza tetto. Ness decise allora di mettere in atto l'unico piano che sul momento la sua immaginazione gli suggeriva. Due giorni dopo l'annuncio dell'ultimo ritrovamento, aveva fatto rastrellare tutta la bidonville cresciuta attorno a Kingsbury Run e messo in guardina un bel po' di accattoni. Coincidenza oppure no, le uccisioni si erano fermate. Due fra i più attivi e impegnati fra gli investigatori chiamati a risolvere il caso - dedicarono gran parte delle indagini a cercare di scoprire quello che loro chiamavano il «laboratorio del macellaio». Ci fu un momento in cui credettero di avercela fatta. Quando era stato scoperto il corpo di Edward A., accanto gli agenti avevano trovato una negativa nella quale si scorgeva il poveretto disteso su un letto all'interno di una camera. Pubblicata l'immagine su tutti i quotidiani, con l'invito alta popolazione di collaborare, alla polizia si era presentato un piccolo lestofante, che aveva riconosciuto la stanza come la camera da letto di un omosessuale di mezza età che viveva nella casa con due sorelle zitelle. Nel corso delle investigazioni, erano state riscontrate tracce di sangue sul pavimento della stanza ed era stato trovato un coltellaccio da cucina nascosto in un baule. Ma le analisi dimostrarono che il sangue apparteneva al padrone di casa, afflitto da continue emorragie nasali, e che il coltello non riportava la minima traccia di sangue umano. Quando poi venne rintracciata una vittima del maniaco mentre il sospetto omosessuale stava in carcere con l'accusa di sodomia, era emerso che non avrebbe potuto essere lui il serial killer, il "macellaio" senza pietà. Poi si era scoperta l'esistenza di un ubriacone che andava in giro con grossi coltelli minacciando di fare a pezzi il prossimo. Quando, in aggiunta, si era saputo che D. aveva convissuto per qualche tempo con lui, gli investigatori avevano pensato di aver finalmente imboccato la pista giusta. D. era stato immediatamente fermato e arrestato. Negli interstizi delle doghe di legno del pavimento del bagno vennero trovate tracce di sangue rinsecchito e quando sui coltelli che l'uomo era solito portarsi appresso venne confermata la presenza di gocce di sangue raggrumate, le prove per l'incriminazione si erano fatte pressoché schiaccianti. E quando ancora, dopo un pressante interrogatorio, D., un uomo trasandato e sporco, dagli occhi cisposi, aveva confessato un omicidio, la stampa aveva strombazzato l'evento: il "macellaio" era stato finalmente catturato. Ma l'approfondimento delle indagini menò un fiero colpo a questo trionfalismo. Il "sangue" rinvenuto nella camera da letto risultò non essere affatto sangue, mentre la confessione di D. si rivelò piena di omissioni in merito ai particolari dell'ipotetico assassinio. Qualche mese dopo, quando nell'agosto del 1939 D. era stato trovato impiccato all'inferriata della sua cella, l'autopsia rivelò un altro fatto grave: il poveraccio era pieno di ecchimosi e aveva due costole rotte, segno che le confessioni che rilasciava gli erano state estorte con la violenza. Le vittime dell'agosto del 1938 sono le ultime del "macellaio" nella zona di Cleveland. Infatti nel 1940 a Pittsburgh, dentro vecchi garage abbandonati, vengono trovati i resti di tre corpi decapitati. Alcuni componenti della squadra investigativa di Ness sono subito chiamati a operare, ma anche questa volta i pochi indizi non consentono di investigare con profitto. E il caso resta insoluto. Si parla nuovamente di "macellaio pazzo" nel 1947, quando a farne le spese è un'attricetta rampante, Elizabeth Short - la settima vittima del serial killer - che viene trovata orribilmente fatta a pezzi. Ma immaginare che il "macellaio" abbia potuto andare avanti per così tanto tempo in questo suo terribile "mestiere" è ipotesi che non regge, considerato che questo genere di assassini prima o poi crolla e si suicida. Una catena di delitti spaventosa, quella del misterioso "macellaio". Eppure, viene da domandarsi, come mai questi eventi non ebbero mai la risonanza di quelli perpetrati da Jack lo squartatore? Il motivo sta nel fatto che nella metà degli anni Trenta, Cleveland era una città di gran lunga più violenta della Londra vittoriana degli anni Ottanta del precedente secolo ed è quindi comprensibile come la storia del "macellaio" americano abbia sconvolto meno l'opinione pubblica che non la sadica strage di prostitute perpetrata dallo squartatore. Dieci anni prima dei fatti di Cleveland, la regione era già stata sconvolta da un altro massacro. In una discarica nei pressi di New Castle, un centro a non più di 350 km a sudest di Cleveland, erano stati trovati i corpi decapitati di ben sei donne. Le vittime non furono mai identificate e la polizia arrivò alla conclusione che le donne erano state giustiziate nel corso di un regolamento di conti fra bande di gangster rivali in lotta per il racket della prostituzione. La discarica, ovviamente, era il luogo ideale per eliminare i corpi. Uno dei protagonisti di questa incredibile vicenda del "macellaio pazzo", il commissario Ness - morto nel 1957 all'età di 54 anni - trascorse gli ultimi dieci anni di vita in completa miseria. Nel 1941 per uno scandalo scoppiato a seguito di un incidente mortale provocato da un pirata della strada, era stato costretto a rassegnare le dimissioni come responsabile della sicurezza cittadina. Nel 1947 era stato sonoramente sconfitto alle elezioni a sindaco di Cleveland e da quel momento la sua vita era cambiata, costringendo a rimediare qua e là i lavori più umili e improvvisati. «Era uscito di senno», ebbe a testimoniare un collega che lo conosceva bene. Finché nel 1953, dopo cinque anni di anonimato e dura povertà, il suo nome era stato coinvolto nel caso di una cartiera sul filo della bancarotta. Ma era stato proprio tramite un amico della cartiera che Ness era entrato in contatto un giornalista, al quale aveva incominciato a raccontare la sua storia di poliziotto e di come aveva fatto a sgominare le bande criminali al tempo del proibizionismo. Fra le tante cose, Ness gli aveva anche confessato che a un certo punto era riuscito a scoprire l'identità del "macellaio” di Cleveland e che aveva fatto in modo di allontanarlo dalla città. Questi erano i fatti. La deduzione suggeriva che il killer fosse un uomo che poteva disporre in piena libertà di una casa dove poter con agio sezionare i cadaveri delle sue vittime e di una macchina con la quale trasportare i macabri carichi. Dunque non poteva trattarsi di un reietto, né di un barbone. La perizia con cui i corpi venivano mutilati lasciava intendere una qualche conoscenza medica, forse persino qualcosa di più. Il fatto poi che alcune fra le vittime avessero una corporatura massiccia, faceva ritenere che anche l'assassino non doveva essere persona di piccola corporatura, osservazione, fra l'altro, corroborata da un calco di impronta di scarpa numero 44 attribuibile al maniaco rintracciata presso il corpo di una delle vittime. Nel gruppo che lavorava con lui alle indagini, Ness aveva assegnato le investigazioni più delicate, quelle da condurre nell'alta società cittadina, a tre agenti fidati: Virginia Allen, Barney Davis e Jim Manski. E proprio da Virginia - una donna elegante e sofisticata a contatto con gli ambienti più snob di Cleveland - Ness aveva avuto la segnalazione riguardante un personaggio che avrebbe potuto benissimo candidarsi come primo fra i sospetti. L'uomo, che Ness chiamava "Gaylord Sundheim" - era dotato di un fisico notevole, proveniva da una famiglia benestante e si portava dietro una storia di problemi psichiatrici alquanto intricata. Aveva seguito studi di medicina. Quando i tre agenti - definiti gli "intoccabili" - si erano presentati alla porta della sua villa per interrogarlo, l'uomo, volgendosi verso Virginia, aveva sarcasticamente sorriso sbattendole la porta in faccia. Allora si era mosso Ness, che lo aveva invitato a pranzo, in un modo che non contemplava repliche. L'uomo, pur lamentandosi, era stato costretto ad accettare. Davanti a larvate accuse, non aveva reagito, né ammettendo né negando di essere il killer. Il passo successivo era stato quello di sottoporlo alla macchina della verità. Un ago scrivente aveva registrato le reazioni emotive nascoste nelle risposte di "Sundheim", convincendo sempre più Ness che si trattava proprio del maniaco. Quando, alla fine, il commissario lo aveva decisamente attaccato, incolpandolo di essere l'artefice della serie di massacri, con estrema naturalezza e calma aveva semplicemente risposto: «Provatelo». Dopo breve tempo, l'uomo si era fatto volontariamente rinchiudere in un manicomio. Così facendo si era reso completamente "inattaccabile", perché quand'anche Ness avesse proseguito con le accuse, lui se la sarebbe comunque cavata invocando l'infermità mentale. Ness e Fraley decisero di scrivere un libro. Nel 1957 uscì The Untouchables, un successo strepitoso, dal quale venne anche tratta una serie televisiva. Ma Ness non fece in tempo a gustarsi questa soddisfazione, perché il 16 maggio dello stesso anno veniva stroncato da un infarto. Il fortunato libro era stato pubblicato solo da qualche mese.

 
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†BaLaLaIkA†
view post Posted on 26/10/2008, 23:02




Accipicchia O.O
 
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mazyo
view post Posted on 30/10/2008, 10:46




o cavolo O__O è inquietantissimo!!!
 
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Blood and Gold
view post Posted on 30/10/2008, 21:02




Beh sì fa impressione ma ce ne sono di peggio.Purtroppo questo è un caso di seril killer rimasto diciamo "irrisolto" e per questo è un mistero.Ci sono assassini seriali molto peggiori come Dahmer.
 
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mazyo
view post Posted on 2/11/2008, 16:49




si veramente a leggere le storie dei serial killer ti vengono i brividi!!! non so nemmeno come facciano a concepire certe cose....
 
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†BaLaLaIkA†
view post Posted on 7/12/2008, 09:24




E' tutta psicologia, i serial killer non pensano come i normali esseri umani, hanno una mentalità completamente diversa. Se la mente delle persone normali può essere vista come una sorta di casa normale, come quelle che si vedono dappetutto, quella dei serial killer è una specie di segreta alla Bathory o una sala delle torture. In un libro ho letto che serial killer, pressapoco, si nasce, non si diventa, sono bambini che fin da piccoli si divertono a torturare animali o a decapitare le bambole e che si divertono a farlo. C'è del puro e totale sadismo dietro, il piacere di vedere soffire le vittime o qualche altro motivo, nulla più
 
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mazyo
view post Posted on 8/12/2008, 14:33




il che mi fa ancora più paura... io a dire il vero non sono ferratissima in materia.. l'unica cosa che ho fatto è stato guardare dexter e anche lì non cera molto da stare allegri
 
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†BaLaLaIkA†
view post Posted on 10/12/2008, 20:24




ti dirò, neppure io sono un'esperta di psicologia criminale, ho solo letto un paio di cose in qualche thriller..
 
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Blood and Gold
view post Posted on 10/12/2008, 22:46




Io sono ferratissima u.u dopo cadavere squisito dell'adorata Poppy Z Brite ne so qualcosa XD.Non sempre dipende dai traumi infantili e alle volte è molto più legato ad un fatto sentimentale.I serial killer amano un cadavere come le persone cosidette "normali" si amano fra loro.Per un serial killer spesso si tratta di esprimere sentimenti non solo sadismo o cose macabre le torture il sangue e tutto il resto non sempre sono legate al semplice piacere di compiere l'atto.A volte si tratta di supremazia ovvero di poter avere il pieno controllo su una persona a volte si tratta dell'eccitazione che da la paura ecc.. I serial killer non sono immuni al "sentire" al "provare" solo che nella loro mente distorta provano nei confronti di un cadavere o di un'atto sadico si si ...
 
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†BaLaLaIkA†
view post Posted on 13/12/2008, 14:33




accipicchia tran, non sapevo fossi così ferrata sui serial killer O.O
 
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Blood and Gold
view post Posted on 14/12/2008, 02:19




Ho passato un periodo di vita ad interessarmi in merito u.u certo non è un passatempo "normale" ma manco io lo sono molto XD!
 
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10 replies since 26/10/2008, 22:07   731 views
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